AGRIVOLTAICO

Quali sono i requisiti per i sistemi Agrivoltaici?

Per seguire lo scopo prefissato della decarbonizzazione e in una situazione attuale che sempre più richiede energia preferibilmente proveniente da fonti pulite, il Ministero della transizione ecologica ha definito, attraverso le Linee guidadei sistemi agrivoltaici per accedere agli incentivi fiscali ed ai fondi del PNRR.

Un parametro fondamentale ai fini della qualifica di un sistema agrivoltaico, richiamato anche dal decreto-legge 77/2021, è la continuità dell’attività agricola, ovviamente sempre parlando di installazioni sui terreni a vocazione agricola.

Tale condizione si verifica laddove l’area oggetto di intervento è adibita, per tutta la vita tecnica dell’impianto agrivoltaico, alle coltivazioni agricole, alla floricoltura o al pascolo di bestiame, in una percentuale che la renda significativa rispetto al concetto di “continuità” dell’attività se confrontata con quella precedente all’installazione.

Pertanto si dovrebbe garantire sugli appezzamenti oggetto di intervento (superficie totale del sistema agrivoltaico, Stot) che almeno il 70% della superficie sia destinata all’attività agricola, nel rispetto delle Buone Pratiche Agricole (BPA). 

                                 𝑆𝑎𝑔𝑟𝑖𝑐𝑜𝑙𝑎 ≥ 0,7 ∙ 𝑆tot

Sempre nel rispetto del principio cardine di questa normativa ossia la garanzia della continuità dell’attività agricola va tutto declinato in termini di "densità" o “porosità”.

Per valutare la densità dell’applicazione fotovoltaica rispetto al terreno di installazione è possibile considerare indicatori quali la densità di potenza (MW/ha) o la percentuale di superficie complessiva coperta dai moduli (LAOR).

Al fine di non limitare l’adizione di soluzioni particolarmente innovative ed efficienti si ritiene opportuno adottare un limite massimo di LAOR del 40 %:

                                        Laor≤ 40%

Un ulteriore requisito è dato dalla vita tecnica dell’impianto, durante la quale devono essere rispettate le condizioni di reale integrazione fra attività agricola e produzione elettrica valorizzando il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi. In particolare, dovrebbero essere verificate: 

  • B.1) la continuità dell’attività agricola e pastorale sul terreno oggetto dell’intervento;
  • B.2) la producibilità elettrica dell’impianto agrivoltaico, rispetto ad un impianto standard e il mantenimento in efficienza della stessa.

Per verificare il primo punto l’impianto dovrà avere un sistema di monitoraggio dell’attività agricola in grado di controllare e valutare gli effetti e l’efficacia delle misure stesse.

In particolare per la fruizione degli incentivi statali sarà necessario verificare il risparmio idrico e la continuità dell’attività agricola, ovvero: l’impatto sulle colture, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture o allevamenti e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.

Inoltre viene previsto anche il monitoraggio del recupero della fertilità del suolo, il microclima e la resilienza ai cambiamenti climatici.

Infine il PNRR delinea la configurazione spaziale del sistema agrivoltaico, e in special modo l’altezza minima di moduli da terra, in quanto influenza lo svolgimento delle attività agricole su tutta l’area occupata dall’impianto agrivoltaico o solo sulla porzione che risulti libera dai moduli fotovoltaici. Questo perché nelle colture agricole, l’altezza minima dei moduli da terra condiziona la dimensione delle colture che possono essere impiegate (in termini di altezza), la scelta della tipologia di coltura in funzione del grado di compatibilità con l’ombreggiamento generato dai moduli, la possibilità di compiere tutte le attività legate alla coltivazione ed al raccolto. Lo stesso vale per le attività zootecniche, nelle quali va considerato il passaggio degli animali al di sotto dei moduli. 

In sintesi, l’area destinata a coltura oppure ad attività zootecniche può coincidere con l’intera area del sistema agrivoltaico oppure essere ridotta ad una parte di essa, per effetto delle scelte di configurazione spaziale dell’impianto agrivoltaico. 

La normativa illustrata dei casi tipo:

 

TIPO 1) l’altezza minima dei moduli è studiata in modo da consentire la continuità delle attività agricole (o zootecniche) anche sotto ai moduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella quale esiste un doppio uso del suolo, ed una integrazione massima tra l’impianto agrivoltaico e la coltura, e cioè i moduli fotovoltaici svolgono una funzione sinergica alla coltura, che si può esplicare nella prestazione di protezione della coltura (da eccessivo soleggiamento, 24 grandine, etc.) compiuta dai moduli fotovoltaici. In questa condizione la superficie occupata dalle colture e quella del sistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi dell’impianto che poggiano a terra e che inibiscono l’attività in zone circoscritte del suolo.

TIPO 2) l’altezza dei moduli da terra non è progettata in modo da consentire lo svolgimento delle attività agricole al di sotto dei moduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella quale esiste un uso combinato del suolo, con un grado di integrazione tra l’impianto fotovoltaico e la coltura più basso rispetto al precedente (poiché i moduli fotovoltaici non svolgono alcuna funzione sinergica alla coltura).

TIPO 3) i moduli fotovoltaici sono disposti in posizione verticale (figura 11). L’altezza minima dei moduli da terra non incide significativamente sulle possibilità di coltivazione (se non per l’ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma può influenzare il grado di connessione dell’area, e cioè il possibile passaggio degli animali, con implicazioni sull’uso dell’area per attività legate alla zootecnia. Per contro, l’integrazione tra l’impianto agrivoltaico e la coltura si può esplicare nella protezione della coltura compiuta dai moduli fotovoltaici che operano come barriere frangivento.

 

Per il tipo 1) e 3) vengono fissati valori di rifermento:

· 1,3 metri nel caso di attività zootecnica (altezza minima per consentire il passaggio con continuità dei capi di bestiame); 

· 2,1 metri nel caso di attività colturale (altezza minima per consentire l’utilizzo di macchinari funzionali alla coltivazione). 

 

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